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Serve ancora leggere e rileggere i miti?


Queste cose non avvennero mai, ma sono sempre Salustio


Saturnino Sallustio Secondo scrisse "Sugli Dèi e il mondo” intorno al 360 dC e questa citazione sta in esergo ad uno dei testi sulla mitologia che amo di più, Le nozze di Cadmo ed Armonia di Roberto Calasso. Quando il tempo moderno è incerto e incomprensibile, mi capita spesso di ripensare ai miti per trovare una chiave di lettura, quasi una memoria a cui aggrapparmi. Per questo provo a parlartene qui.


Cesare Pavese in Dialoghi con Leucò scrisse: “Ci vogliono miti, universali fantastici, per esprimere a fondo e indimenticabilmente quest’esperienza che è il mio posto nel mondo”. L’invito è quello di considerare il mito come un bene universale dell’umanità, non qualcosa che riguarda solo appassionati di cultura classica ed accademici.

I miti sono di tutti, tanto da non avere un autore ufficiale: vivono di varianti, sembrano esistere da sempre e sono inesauribili nelle loro trasformazioni. Ogni volta che leggiamo una versione di un mito stiamo aprendo la porta alle possibilità di variazione. Il mito ci insegna ad avere a che fare con la conoscenza e con la nostra natura umana.

Prima di domandarci a cosa serva oggi leggere i miti, penso sia utile fare chiarezza su cosa si intende per «mito».

Platone usò la parola «mito» per definire la “narrazione favolosa delle qualità e delle gesta di esseri ideati come divini, o più che umani”, ma come ci insegna Romano Gasparotti (docente di Fenomenologia dell’immagine presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera): “la parola mythos la si trova per la prima volta nei poemi omerici, dove non significa affatto la narrazione attorno a déi, eroi e discese agli inferi, come si dirà più tardi, ma «discorso», «parola efficace», l’abile e persuasiva esposizione di un certo argomento”.


Il mito risponde all’umano bisogno di spiegare la realtà, di superare e risolvere una contraddizione della natura (come nasca il primo uomo, per esempio), ma è anche spiegazione di un rito, di un atto formale che corrisponde a esigenze della tribù (l'invocazione della pioggia) e serve a strutturare le credenze di un gruppo.

Il mito è un racconto che ci presenta una situazione complessa, metaforica e ricchissima.


Proviamo a fare un esempio usando una figura della mitologia greca molto rilevante per l’Occidente, ovvero Prometeo, colui che conosciamo per aver donato il fuoco agli uomini. Il mito nel suo arco narrativo è una narrazione simbolica, Prometeo è il titano che aiuta gli esseri umani ad superare alcuni dei loro limiti, tanto da dar loro la possibilità di modificare l’ordine del mondo, quasi prendendo loro stessi il posto delle divinità. Convinto di agire negli interessi dell’umanità, Prometeo accentua invece la distanza tra uomini e dei e viene accusato di aver tradito la sua stessa natura divina. Il mitologema di Prometeo è quello dell’eccesso punito. Ma a ben vedere il mito racconta molto più di questo.


Franz Kafka scrisse nei Quaderni in ottavo: “Di Prometeo trattano quattro leggende: secondo la prima egli fu inchiodato al Caucaso, perché aveva tradito gli déi a vantaggio degli uomini, e gli déi mandavano aquile a divorargli il fegato sempre ricrescente. La seconda vuole che Prometeo, per il dolore procuratogli dai colpi di becco, si sia addossato sempre più alla roccia fino a diventare con essa una cosa sola. La terza asserisce che nei millenni il suo tradimento fu dimenticato; tutti dimenticarono: gli déi, le aquile, egli stesso. Secondo la quarta ci si stancò di lui che non aveva più motivo di essere. Gli déi si stancarono, la ferita – stanca – si chiuse. Rimase l’inspiegabile montagna rocciosa. La leggenda tenta di spiegare l’inspiegabile. Siccome proviene da un fondo di verità, deve terminare nell’inspiegabile


Ora che abbiamo costruito un terreno comune intorno a cosa sia mito, proviamo a vedere come sono fatti i miti e a quali esigenze possono rispondere.

I miti si dividono in: geografici (che riguardano specifiche zone del mondo), tematici ed interpretativi.

I miti tematici hanno per oggetto la creazione dell’universo (cosmogonie), degli dei, dell'uomo, degli esseri viventi oppure la spiegazione mitica di fenomeni naturali oppure la condizione umana.

Gli interpretativi si possono ulteriormente suddividere in miti “naturalistici" (spiegano ciò che esiste in natura), miti “eziologici" (narrano le motivazioni all'origine di usanze, riti, ecc), miti “storici".

Io ho una vera passione per le cosmogonie, qui trovi un pdf di un saggio molto interessante a cura di Gianfranco Romagnoli.

A cosa possono servirci i miti? Mi perdonerai qualche semplificazione, al fine di scrivere un post e non un trattato (ma prometto che mi faccio perdonare con un piccolo dono che troverai nelle prossime righe) e ti invito a scrivere nei commenti se vuoi approfondire qualcosa, aggiungere o fare una domanda.


“I miti diventano pensiero nell’uomo a sua insaputa” Claude Lévi-Strauss (ti lascio qui la bio di Wikipedia, che ti invito a supportare), in estrema sintesi possiamo dire che analizzò e comparò i miti scomponendoli in unità minime (mitemi).


Il mito trascende il rapporto con il presente, Joseph Campbell (ti lascio qui il link della fondazione che si occupa molto di mitologia) scrisse: “Una figura mitica è come un compasso con un’asta nel tempo e l’altra nel trascendente”.

La mitologia ha molteplici funzioni, Campbell ne individua quattro che provo a riassumere brevemente: serve a dare senso, a conciliare, possiamo dire, la natura con la vita, ma anche a fare da fondamento al sistema di credenze e di usi di una società e a mettere l’individuo in relazione con il cosmo e con la propria interiorità.


I miti non sono sempre facili da comprendere e da interpretare, fortunatamente direi, perche dobbiamo ricordarci le parole di Carl Gustav Jung: “E’ importante e salutare parlare di cose incomprensibili”.

In termini psicologici il mito accompagna l’individuo attraverso le fasi della vita, dalla nascita alla maturità e attraverso la senilità fino alla morte. Per questo non serve che il mito sia razionale e nemmeno verosimile.


Spesso quando le persone leggono i miti o le loro trasposizioni moderne, mi dicono di essersi sentite confuse perché non si tratta di storia ma nemmeno di letteratura, o di essere state infastidite dal trovarsi davanti una versione del mito diversa da quella che conoscevano. La non organizzabilità del mito in un sapere unico, coerente e narrativamente strutturato non dovrebbe sembrarci un problema, ma la conferma della ricchezza del materiale a nostra disposizione.

Io vedo la mitologia come una espressione verbalizzata di una serie di immagini archetipiche. Le immagini mitologiche sono quelle attraverso le quali il conscio è messo in contatto con l’inconscio, esattamente come succede con le immagini oniriche. Se non abbiamo immagini mitologiche o se la nostra ragione le rifiuta, restiamo senza contatti con la parte più profonda di noi stessi.


L'esegesi del mito su chiave psicologica viene indicata come "mitopsicologia": il mito viene considerato rappresentazione di archetipi di personalità e di comportamento.

Carl Gustav Jung e Jean S. Bolen, insieme ad altri studiosi, hanno notevolmente contribuito ad una psicologia diversa del maschile e del femminile, prendendo come esempi le divinità greche. A dire il vero, la mitopsicologia riguarda i miti di ogni era e di ogni civiltà; tuttavia, le divinità dell'antica Grecia sono state usate molto di più per la grande quantità di testimonianze scritte che ci sono pervenute.

Jean S. Bolen ha tracciato le figure archetipiche delle dee e degli dei nelle persone usandole come dei modelli capaci di plasmare il carattere di una persona. In questo senso conoscere a quale figura di divinità "assomiglio" può aiutarmi a conoscermi meglio e anche a dare un senso diverso ai modelli comportamentali che, consapevolmente o meno, utilizzo.

“I Miti e i loro personaggi si ripetono nel tempo perché siamo noi a volerli ricreare, come un necessario sogno da affiancare alla dura realtà” scrive Joseph Campbell.

Molti autori moderni hanno rielaborato i miti, tenendoli, se vogliamo, in vita. A te che effetto fa leggere le riscritture moderne dei miti?


“Mitobiografia: la vita compresa come un mito che si dispiega, che si rivela. Un mito, cioè un racconto, ma un racconto che vede i più umili fatti dell’esistenza come proiettati, in trasparenza, su una mappa di racconti eterni, quelli che narrano i passaggi tipici della vita come se essi compissero un destino, fuori dal tempo” Romano Màdera


Una domanda che possiamo farci in relazione alle nostre letture a tema mitologico è la seguente: quale è il mio mito? Se vuoi provare a conoscere il tuo ti propongo una lista di letture a tema mito in chiave moderna, basta che vai qui (troverai il mio scaffale online di libroterapia, dove carico risorse e corsi, e potrai scaricare gratuitamente la bibliografia). Fammi sapere cosa scopri!



{Le carte che vedi in foto sono una piccola selezione del mazzo "Materia prima" di Uusi disegnato da Peter Dunham e Linnea Gits per illustrare gli elementi della tavola periodica, ma io quando lo guardo penso ai miti e alle cosmogonie}


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