Da "The Black Books" al mio metodo di journal therapy
- Rachele

- 4 giorni fa
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“I should advise you to put it all down as beautifully as you can, in some beautifully bound book.” *(C.G. Jung’s words to Christiana Morgan, analysis notebooks, July 12,1926)
La journal therapy potrebbe sembrare una invenzione moderna, che spesso viene confusa con il journaling, ovvero con la pratica di scrittura di un semplice diario. La journal therapy è una metodologia con molte espressioni pratiche, un vero e proprio strumento di crescita e guarigione, il cui ruolo è oggi ampiamente supportato dalla scienza.
Le radici del tenere traccia della propria vita e dei propri pensieri affondano nella storia. Si tratta di un'abitudine che attraversa i secoli.
Già i Sumeri, gli Egizi e i Greci utilizzavano supporti scritti per registrare non solo dati commerciali, ma anche riflessioni personali. Basti pensare alle meditazioni dell'Imperatore romano Marco Aurelio, che teneva un vero e proprio diario filosofico e introspettivo volto al miglioramento (possiamo leggerlo negli scritti oggi intitolati “A se stesso”).
I monaci tenevano "libri delle ricordanze" e figure come Leonardo da Vinci riempivano quaderni con idee, osservazioni e progetti, un'antesignana pratica di brainstorming e auto-osservazione.
Un esempio cruciale dell'uso del diario come strumento di autoanalisi e scoperta è per me quello di Carl Gustav Jung. Dopo la sua rottura con Freud, Jung attraversò una crisi profonda che definì "confronto con l'inconscio". Per navigare in questo periodo turbolento, usò i "Libri Neri" (Black Books) una serie di taccuini rilegati in pelle nera. Il “Libro Rosso” è molto più conosciuto ma sono i Black Books (oggi disponibili in inglese) il vero gioiello: non erano semplici appunti, ma registrazioni dettagliate delle sue immaginazioni attive (conversazioni con figure interiori) e dei suoi sogni. È attraverso gli scritti dei diari che Jung svilupperà poi gran parte del suo apparato teorico, usando la conoscenza di se stesso acquisita scrivendo e rileggendosi.
Nel XX secolo, la pratica di "scrivere per guarire" è stata formalizzata. Un punto di svolta fondamentale sono stati gli studi pionieristici dello psicologo sociale James W. Pennebaker a metà degli anni '80, che ha gettato le basi per la moderna ricerca sulla scrittura espressiva e i suoi benefici sulla salute.
In Italia è stato pubblicato un altro autore cui sono molto legata che è Ira Progoff, con il suo “Curarsi con il diario”. Dopo aver seguito le lezioni del suo metodo dell’intensive journal mi sono trovata ad acquisirne delle parti nella mia metodologia.
Oggi, la journal therapy si è affermata come una risorsa preziosa, spesso integrata nei percorsi di psicoterapia e di coaching. La sua importanza risiede nella capacità di:
- Dare forma al caos: mettere per iscritto pensieri ed emozioni confusi aiuta a dare loro una struttura e un senso. Trasformare il "rumore" mentale in parole chiare consente una maggiore consapevolezza di sé.
- Elaborazione emotiva: il diario diventa un contenitore sicuro, privo di giudizio, dove è possibile esprimere e, crucialmente, rielaborare eventi stressanti o traumatici. La scrittura espressiva facilita la regolazione emotiva, riducendo l'impatto negativo a lungo termine degli eventi difficili.
- Aumento della auto-efficacia: rileggere i propri scritti nel tempo permette di notare schemi di comportamento, progressi e obiettivi raggiunti, aumentando il senso di auto-efficacia e la capacità di problem solving.
I benefici della scrittura terapeutica non sono solo aneddotici, ma sono stati validati da una crescente mole di ricerca scientifica.
Una revisione sistematica del 2005 di Baikie e Wilhelm in Advances in Psychiatric Treatment ha concluso che la scrittura espressiva porta a benefici sia per la salute emotiva (riduzione dei sintomi depressivi e ansiosi) sia per la salute fisica (miglioramento della funzione immunitaria, riduzione della pressione sanguigna e diminuzione dell'intensità del dolore in condizioni croniche).
Uno studio pubblicato su JMIR Mental Health (Smyth et al., 2018) ha dimostrato che il Journaling sull'affetto positivo (scrivere regolarmente su eventi positivi) può migliorare il benessere mentale e ridurre il disagio in pazienti con sintomi d'ansia elevati.
La letteratura clinica evidenzia l'uso del diario giornaliero (come suggerito da Rabinor, 1991) per l'elaborazione del sintomo nei disturbi alimentari, spesso correlato a un aumento dell’autostima.
La journal therapy è uno strumento stupendo nella cassetta degli attrezzi di un clinico e di chi lavora nella relazione. Però c’è da considerare che più di altri questo strumento richiede di essere provato ed acquisito prima di venire proposto.
Io parto sempre dal suggerimento di Jung di non poter pretendere di proporre a qualcuno di fare qualcosa che noi per primi non siamo disposti a fare, ma riconosco che ci sono strumenti utilizzabili anche senza che facciano parte della nostra routine quotidiana.
La journal therapy invece per poter essere proposta agli altri deve essere provata, sentita nelle sue fatiche come nella sua efficacia. Si tratta di un apparato di possibilità così vasto che non è possibile avere un “manuale delle istruzioni” che prescinda dall’aver fatto lo stesso viaggio che intendiamo proporre ai nostri clienti e pazienti.
Per questo in queste settimane, in cui finalmente mi sono decisa a proporre un corso di formazione in journal therapy per psicologə e psicoterapeutə (e mi perdoneranno coloro che in questo momento vorrebbero partecipare ma svolgono professioni diverse) ho sentito di dover pensare anche ad un percorso esperienziale per far provare su se stessi il metodo che ho scritturato nella sua completezza (questo percorso esperienziale è aperto a tutti). È impossibile che una persona che non tiene un diario terapeutico possa proporne uno ai pazienti, non riuscirebbe a orientarsi, non avrebbe la sensibilità necessaria nel riconoscere sforzi e successi delle scritture, mancherebbe di un bagaglio di esperienze con cui paragonare ciò che il paziente riporta in seduta.
Per questo sono nati i due percorsi. “Quest’anno mi prendo cura di me” è l’espressione totale del mio metodo. Nei video, lungo l’arco di un anno, chi si iscrive potrà provare tutte le tecniche, confrontarsi con le molteplici possibilità della scrittura di diario terapeutico e anche con degli affondi specifici per il confronto archetipico (la mia radice junghiana non poteva rimanere silente). Periodicamente si apriranno in aula virtuale dei video che accompagneranno dalla scelta dei materiali (perché anche questo ha importanti) all’avvio della scrittura e a stimoli sempre diversi per arricchirla. Perché la pratica del diario può essere terapeutica e creativa insieme, generando un momento importante nella nostra giornata e al tempo stesso gratificante (e talvolta anche divertente, perché no?).
Ci saranno interventi di tre professionistə che apriranno finestre sull’arte simbolica, sulla fotografia e sul corpo che scrive, perché la journal therapy per molte persone potrebbe essere un ponte verso altri modi di riflettere e anche di esprimersi.
Il link alla pagina del percorso è questo: https://corsi.rachelebindi.it/products/courses/view/1190463/?action=signup
Accanto a questo percorso aperto a tutti e lungo un intero anno (ognuno potrà vedere i video e scrivere quando preferisce, non ci sono orai né appuntamenti fissi) ce ne sarà un altro, completamente incentrato sulla formazione, dedicato a professionistə della psiche “Inserire la journal therapy nella relazione di cura” che sarà sempre online ma in modalità sincrona, il calendario è nella locandina. In questo percorso vedremo proprio le basi del lavoro di inserimento della metodologia nella propria pratica clinica e di personalizzazione del metodo.
Sono emozionata e felice, amo condividere il mio lavoro e accompagnare le persone a provare quelle scoperte che nel tempo si sono rivelate feconde per me.
Se avete domande o dubbi, sono qui.
* "Dovrei consigliarle di scrivere tutto nel modo più bello possibile, in un libro dalla rilegatura splendida"







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