Una cosa è certa: una storia che abbia le illustrazioni così scure (Darkam a mio avviso ha fatto un lavoro stupendo di illustrazione del testo) e che ha come citazione in esergo dei versi del poema I vers de la mort, composto tra il 1194 e il 1197 dal frate cistercense Hélinand di Froidmont, non può essere una storia “leggera”.
Siamo in Valacchia nel 1442, proprio mentre l’esercito ottomano guidato da Murad II devasta i villaggi e avvia la costruzione della leggenda intorno alla figura di Vlad l’Impalatore. Potremmo pensare che tutto giri intorno al Conte Dracula, che invece non è l’elemento più feroce della storia. Possibile? Esiste qualcosa di peggio del Vampiro per antonomasia? Sì. La violenza degli uomini sa essere più tremenda di qualunque leggenda, anche quando ne nutre le fondamenta.
La storia parla di Maria e dei suoi due figli, Anna e Radu, che si vedono strappare la capanna in cui vivono dalla violenza della guerra e fanno ingresso in un mondo pieno di violenza, sotto molte forme. Radu ha una rara forma di anemia, che pare portare gli uomini che posano il loro sguardo su di lui a pensare che viste le sue scarse possibilità di sopravvivenza, tanto varrebbe abbandonarlo subito. Anna è una bambina impaurita che impara presto quanta violenza possa esserci per le ragazzine prima e per le donne, poi. Maria è una donna forte, che sa tener testa agli uomini e per questo viene chiamata «strega» in più di una occasione. Conosce le piante, anche quando servono per un aborto o per un omicidio, conosce gli uomini e la loro pericolosità, trova un modo per tenere in vita suo figlio, anche se è un modo che nessuno potrebbe davvero comprendere.
Un trio che sembra non trovare pace fino a quando approda alla stamberga nel bosco dove vive una anziana che potrebbe davvero essere una strega. E proprio la vecchia cieca che fa di tutto per non dover avere contatti col mondo e per lasciare apparire la sua casa come un posto devastato e inospitale, offrirà a Maria, Anna e Radu una occasione per essere famiglia. Quindi la storia sfata un altro mito: la vecchia strega non è affatto pericolosa, ma conosce i pericoli del mondo.
Una storia di ribaltamenti, che mostra l’atrocità e ci costringe a fare i conti col sangue, in molti modi e che solo alla fine svelerà il suo legame con la leggenda di Vlad l’impalatore.
A livello archetipico nel testo è presente nella sua totalità e ambivalenza la figura della Grande Madre: non solo Maria, ma le serve tutte come figure femminili nel testo, Anna nel suo rapporto con il sangue e anche la vecchia cieca ci portano a fare i conti con i significati più luminosi ed anche più oscuri del materno e del femminile: dall’accoglienza agli aspetti più terrificanti.
Il sangue è un simbolo potente, C.G.Jung sottolineò la similitudine tra l’albero della vita come immagine e la disposizione dei vasi sanguigni nel corpo umano. Eliphas Levi scrisse nel suo I misteri della Cabala: «Era vestito di un abito tinto di sangue perché aveva attraversato la guerra e il sacrificio».
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