Esistono libri che raccontano storie bellissime, vere o fittizie. Autobiografie struggenti e fiction che riesce a tenere gli occhi sulla pagina e a far volare la psiche.
Non saprei, eppure ci ho riflettuto parecchio, dire con certezza a quale categoria letteraria possa appartenere questo libro di Alessandro Barbaglia.
A guardare la copertina si direbbe che parli di scacchi e che voglia narrare la storia di un giocatore, forse di due, e di una partita, o di molte. Che il giocatore sia Bobby Fischer lo si vede dalla foto e la partita è proprio quella dei Mondiali di scacchi del 1972 contro il campione in carica Boris Spasskij.
Ed è vero, la finale dei Mondiali di Scacchi c'è ed è narrata talmente bene che ad un certo punto a me è venuto il dubbio di esserci stata davvero a Reykjavik a vederla. Ma nel 1972 non ero ancora nata, quindi solo le parole della storia mi ci possono aver portata.
A leggere il titolo si potrebbe addirittura pensare che ci sia un approfondimento su un punto esatto di una partita, su una mossa. Non fosse che il Matto c'è nei Tarocchi ma non negli scacchi e quindi in questo contesto il titolo ci dice forse che il testo si occupa di un personaggio con un agire fuori dal comune (e decisamente verso la psicopatologia o almeno contro ciò che il collettivo ritiene normale).
Anche questo è vero, nel testo ci si occupa di persone con comportamenti fuori dal comune, sia quelle che sono state aiutate da capaci colleghi a venire a patti con le loro peculiarità , sia quelle che non hanno avuto questa fortuna e hanno provato a scacciare l'angoscia confinandola nelle 64 caselle di una scacchiera.
La frase in cima alla copertina: "L'Iliade di Bobby Fischer", ci fa venire in mente Omero e non facciamo in tempo a chiederci cosa possa entrarci in questa storia che veniamo catapultati in un gioco di parole, in una ricerca di mitologia, in una storia che parla di padri e di eroi, che sono categorie amplissime di cui si potrebbe discutere per mesi.
Avevo letto il capitolo zero del libro appena il corriere me lo aveva consegnato. Ne ero rimasta molto colpita perché difficilmente trovo citato in così poche pagine e con così tanta fluidità il mio mondo di riferimento, gli autori che amo, i libri che posseggo. Avevo incontrato James Hillman con La vana fuga dagli Dei, Reuben Fine con La psicologia del giocatore di scacchi (sì perché gli scacchi, pur essendo io una giocatrice meno che pessima, anni fa erano stati per me una fissazione legata al loro riuscire ad attraversare i secoli, diciamo prima che dirottassi sui Tarocchi), Vladimir Nabokov con La difesa di Lužin (potevo non esserci inciampata quando cercavo romanzi che avessero a che fare con gli scacchi?).
Poi mi ero dovuta interrompere: un paziente in arrivo per la sua seduta, prima, poi una serie di eventi che mi hanno fatto mettere da parte il libro. Quando l'ho ripreso, convinta di trovarmi in "ambiente protetto" perché circondata da tanti visi familiari, non sapevo che mi avrebbe portata a confrontarmi con il mio mitologema (o se vogliamo, con il mio modello mitologico/archetipico ricorrente), che mi avrebbe riportato alla memoria gli ultimi momenti in compagnia di mia madre (e per questo non sarò mai abbastanza grata ad Alessandro), che mi avrebbe regalato quella sensazione di pura magia che provo quando vedo le storie che si intrecciano tra loro, quando i fili rossi del senso escono dalle briglie della trama e vanno alla radice archetipica, alla mitologia e persino all'etimologia.
Ho dialogato col testo, in alcune parti ci ho anche un po' discusso, ma lo faccio solo quando un testo mi piace e mi interessa, quando mi fa venire voglia di metterci anche solo un poco di mio, di cambiarne un po' per me.
Non sono riuscita, temo, a cambiare del tutto la mia opinione su Achille (pessima, anche per merito di Michele Mari), ma qualcosa alla mia visione si è aggiunto, e questo è già molto.
Io lo consiglio sia ai lettori preparati ad incontrare, in mezzo alle storie che racconta, anche un poco della loro ombra, sia a coloro che vogliono gustarsi una narrazione vivida e ricchissima degli eventi degli altri. Se non ne sanno niente di scacchi, pazienza, qui l'attenzione è sulle persone (anche se in fondo troveranno le mosse delle partite citate, sia mai che qualcuno voglia provare a ripercorrerle).
Se lo leggi, te lo chiedo sempre e ci tengo davvero, scrivimi le tue impressioni.
"Nessuno si mette alla scacchiera se non ha paura. Ci si siede lì per quello: per paura. E per provare a trovare un posto all'angoscia come si trova il posto migliore per difendere il proprio Re"
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